IL CONSIGLIO DI STATO
   Ha pronunciato la seguente ordinanza:
     a)  sul  ricorso  in appello (n. 909/1992) proposto dalla regione
 Piemonte,  in  persona  del  presidente  pro-tempore   della   giunta
 regionale,   rappresentata  e  difesa  dagli  avvocati  Carlo  Ettore
 Maiorca, Giulio Correale ed Enrico Romanelli  e  presso  quast'ultimo
 elettivamente  domiciliata  in  Roma, via Cosseria n. 5, contro Maria
 Grazia Ferreri, resistente e ricorrente incidentale, rappresentata  e
 difesa  dagli  avvocati  Giuseppe  Gallenca e Mario Contaldi e presso
 quest'ultimo elettivamente domiciliata in Roma,  via  Pier  Luigi  da
 Palestrina  n.    63,  Francesco  Sommariva,  resistente e ricorrente
 incidentale, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco  Cipolla
 e  Ludovico  Villa e presso quest'ultimo elettivamente domiciliato in
 Roma, piazzale Clodio n.  12, Michelangelo Miele, Anna Maria Bairati,
 Giorgio Gaietta,  Mario  Cena,  Rosa  Corradin,  Patrizia  Camandona,
 Maurizio   Vetere,   Michelangelo  Meinero,  Osvaldo  Turco,  Mirella
 Cravanzona, Alberto Lotti,  Amanzio  Borio,  Mauro  Giudice  e  Marco
 Moratto,  tutti  rappresentati  e  difesi  dagli avvocati Pia Negri e
 Giuseppe Bartoli e presso quest'ultimo elettivamente  domiciliati  in
 Roma,  via Filippo Nicolai n. 48, Pier Massimo Prosio, non costituito
 in giudizio, per l'annullamento della sentenza del  T.A.R.  Piemonte,
 II  sezione,  18  febbraio 1992 n. 46, resa inter partes ed avente ad
 oggetto concorso interno per titoli per la prima copertura  di  posti
 di  seconda qualifica dirigenziale di cui alla legge regione Piemonte
 n. 60 del 1987;
     b) sul ricorso in appello (n.  1116/1992)  proposto  dai  signori
 Enrico  Fassio,  Filippo  Piccareta,  Giuseppe  Fornaro,  Rosa  Maria
 Piumatti, Mario Romiti, Pietro Iacovello, Mario  Grisotto,  Giancarlo
 Prina  Pera,  Nella  Bianco,  Giuseppe  Brunatti,  Marilena Damberto,
 Giulio Givone, Giovanni Quadrelli, Renato Fenocchio, Silvano Bertini,
 Aldo  Giuliano  Pistocchi,  Anna  Maria  Costa,  Gerardo   Ricciardi,
 Dalmazio Baldis, Emerenziana Felice, Luciano Conterno, Vito Valsania,
 Rita  Marchiori,  Maria  Teresa  Pegnajeff, Vito Sorbilli, Adriana Di
 Martino, Aldo  Lodi,  Maurizio  Pecora,  Luigi  Momo,  Nino  Chieppa,
 Adriana  Garabello, Giulio Parise, Luciano Rolando, Aurelio Catalano,
 Mimma Calletti, Maria Rovero, Walter Bossi, Nebiamino Napoli, Luciano
 Ferioli, Walter Vescovi, Giovanni Monchiero, Roberto  Salvio,  Olindo
 Bortesi,  Franco  Leone,  Carmelo Pesimena, Bruno Pelissero, Raimondo
 Floris, Mario Bianco, Nicoletta  Vacca-Orru',  Vito  Viviano,  Franco
 Ardizzone,  Corrado  Bona,  Antonino  Giordano, Pietro Follis, Sergio
 Ivaldi, Vincenzo Coccolo, Giuseppe  De  Pascale,  Marina  De  Simone,
 Pietro  Caruso, Mario Pugno, Norma Zadaricchio, Eugenia Grillo, Paolo
 Sibille, Aldo Manto, Angelo Vivinetto, Giuseppe Santise, Aldo Monaco,
 Edoardo Martinengo, Giuseppe  Motta,  tutti  rappresentati  e  difesi
 dagli  avvocati Marco Saniscalco e Paolo Vaiano e presso quest'ultimo
 elettivamente domiciliati in Roma, corso Rinascimento n.  11,  contro
 Maria  Grazia Ferreri, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe
 Gallenca  e  Mario  Contaldi  e  presso  quest'ultimo   elettivamente
 domiciliata  in  Roma,  via Pier Luigi da Palestrina n. 63, Francesco
 Sommariva,  resistente  e  ricorrente  incidentale,  rappresentato  e
 difeso  dagli  avvocati Francesco Cipolla e Ludovico Villani e presso
 quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma,  piazzale  Clodio  n.
 12,  Michelangelo  Miele,  Anna Maria Bairati, Giorgio Baietta, Mario
 Cena, Rosa Corradin, Patrizia  Camandona,  Michele  Meinero,  Osvaldo
 Turco,  Mirella  Cravanzola,  Alberto  Lotti,  Mauro  Giudice,  Marco
 Moratto, tutti rappresentati e difesi  dagli  avvocati  Pia  Negri  e
 Giuseppe  Bartoli  e presso quest'ultimo elettivamente domiciliati in
 Roma, via Filippo Nicolai n. 48, Pier Massimo Prosio, non  costituito
 in  giudizio,  e nei confronti della regione Piemonte, in persona del
 Presidente   pro-tempore  della  giunta  regionale,  rappresentata  e
 difesa dagli avvocati Carlo Ettore Maiorca, Giulio Correale ed Enrico
 Romanelli e presso qust'ultimo elettivamente domiciliata in Roma, via
 Cosseria  n.  5,  del  commissariato  governativo  presso  la regione
 Piemonte,  in  persona  del  Commissario   in   carica   pro-tempore,
 rappresentato  e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i
 cui  uffici  in  Roma,  via  dei  Portoghesi  n.  12,  e'  per  legge
 domiciliato,  per  l'annullamento della sentenza del T.A.R. Piemonte,
 II sezione, 18 febbraio 1992, n. 46, resa inter partes ed  avente  ad
 oggetto  concorso  interno per titoli per la prima copertura di posti
 di seconda qualifica dirigenziale di cui alla legge regione  Piemonte
 n. 60 del 1987;
     c) sul ricorso in appello (n. 1678/1992) proposto dal signor Pier
 Massimo Prosio, rappresentato e difeso dagli avvocati Luciano Savia e
 Mario  Menghini  e  presso  quest'ultimo elettivamente domiciliato in
 Roma, via delle Mercede n. 52, contro la regione Piemonte, in persona
 del presidente pro-tempore della giunta  regionale,  rappresentata  e
 difesa  dagli  avvocati  Carlo  Ettore  Maiorca, Giuseppe Correale ed
 Enrico Romanelli e presso quest'ultimo elettivamente  domiciliata  in
 Roma,  via  Cosseria n. 5, e nei confronti della signora Maria Grazia
 Ferreri, rappresentata e difesa dagli avvocati  Giuseppe  Gallenca  e
 Mario  Contaldi  e  presso  quest'ultimo elettivamente domiciliata in
 Roma, via Pier Luigi da Palestrina n. 63, dei signori  Aldo  Giuliano
 Pistocchi  e  Giuseppe  De  Pascale,  non costituiti in giudizio, per
 l'annullamento della sentenza del  T.A.R.  Piemonte  II  sezione,  18
 febbraio 1992, n. 46, resa inter partes ed avente ad oggetto concorso
 interno  per  titoli  per  la  prima  copertura  di  posti di seconda
 qualifica dirigenziale di cui alla legge regione Piemonte n.  60  del
 1987;
     d)   sul   ricorso   in   appello  (n.  1709/1992)  proposto  dal
 Commissariato di Governo presso la regione Piemonte, in  persona  del
 commissario   in   carica   pro-tempore,   rappresentato   e   difeso
 dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via
 dei Portoghesi n. 12, e' per legge domiciliato, contro  Maria  Grazia
 Ferreri,  rappresentata  e  difesa dagli avvocati Giuseppe Gallenca e
 Mario Contaldi e presso  quest'ultimo  elettivamente  domiciliata  in
 Roma,  via  Pier  Luigi  da  Palestrina  n. 63, e nei confronti della
 regione Piemonte, in persona del presidente pro-tempore della  giunta
 regionale,   rappresentata  e  difesa  dagli  avvocati  Carlo  Ettore
 Maiorca, Giuseppe Correale ed Enrico Romanelli e presso  quest'ultimo
 elettivamente   domiciliata   in   Roma,   via  Cosseria  n.  5,  per
 l'annullamento    della  sentenza del T.A.R. Piemonte, II sezione, 18
 febbraio 1992, n. 46, resa inter partes ed avente ad oggetto concorso
 interno per titoli  per  la  prima  copertura  di  posti  di  seconda
 qualifica  dirigenziale  di cui alla legge regione Piemonte n. 60 del
 1987;
     e) sul ricorso in appello (n.  1802/1992)  proposto  dai  signori
 Michelangelo  Miele, Anna Maria Bairati, Giorgio Gaietta, Mario Cena,
 Rosa Corradin, Patrizia Comandona, Marco  Moratto,  Michele  Meinero,
 Osvaldo  Turco,  Mirella  Cravanzola,  Alberto  Lotti, Amanzio Borio,
 Mauro Giudice, Maurizio Vetere, tutti rappresentati  e  difesi  dagli
 avvocati   Pia   Negri  e  Giuseppe  Bartoli  e  presso  quest'ultimo
 elettivamente domiciliati in Roma, via Filippo Nicolai n. 48,  contro
 la  regione  Piemonte,  in  persona  del presidente pro-tempore della
 giunta regionale, rappresentata e difesa dagli avvocati Carlo  Ettore
 Maiorca,  Giulio  Correale  ed Enrico Romanelli e presso quest'ultimo
 elettivamente domiciliata in Roma, via Cosseria n. 5, e nei confronti
 della signora Maria Grazia  Ferreri,  rappresentata  e  difesa  dagli
 avvocati  Giuseppe  Gallenca  e  Mario Contaldi e presso quest'ultimo
 elettivamente domiciliata in Roma, via Pier Luigi  da  Palestrina  n.
 63,  dei  signori Mario San Pietro e Aldo Migliore, non costituiti in
 giudizio, per l'annullamento della sentenza del  T.A.R.  Piemonte  II
 sezione,  18  febbraio  1992,  n.  46, resa inter partes ed avente ad
 oggetto concorso interno per titoli per la prima copertura  di  posti
 di  seconda qualifica dirigenziale di cui alla legge regione Piemonte
 n. 60 del 1987;
     f)  sul  ricorso  in  appello   (n.   1709/1992)   proposto   dal
 commissariato  di  Governo presso la regione Piemonte, in persona del
 commissario   in   carica   pro-tempore,   rappresentato   e   difeso
 dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via
 dei  Portoghesi  n.  12,  e' per legge domiciliato, contro la signora
 Maria Grazia Ferreri, non costituita in giudizio, per  l'annullamento
 della  sentenza del T.A.R. Piemonte, II sezione, 18 febbraio 1992, n.
 46, resa inter partes ed  avente  ad  oggetto  concorso  interno  per
 titoli   per  la  prima  copertura  di  posti  di  seconda  qualifica
 dirigenziale di cui alla legge regione Piemonte n. 60 del 1987;
   Visti i ricorsi in appello nn. 909, 1116, 1678,  1709  e  1802  del
 1992 e 127 del 1993;
   Visti  gli atti di costituzione in giudizio della regione Piemonte,
 del commissariato governativo presso la regione Piemonte, dei signori
 Maria Grazia Ferreri,  Francesco  Sommariva,  Michelangelo  Miele  ed
 altri, Pier Massimo Prosio ed Enrrico Fassio ed altri;
   Visti  gli  appelli  incidentali  condizionati proposti dai signori
 Maria Grazia Ferreri, Francesco Sommariva ed altri;
   Viste le memorie prodotte dalle parti in  causa  a  sostegno  delle
 rispettive difese;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Data  per  letta  alla  pubblica  udienza  del  7  novembre 1995 la
 relazione  del  consigliere  Gennaro  Ferrari,  uditi  gli   avvocati
 Romanelli,  Correale,  Maiorca,  Gallenca, Cipolla, Vaiano, Menghini,
 Contaldi, Bartoli e l'avvocato Stato Nucaro.
   Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   1.  -  Con atto (n. 909/1992 - notificato in data 26-28 maggio 1992
 la regione Piemonte ha proposto appello al Consiglio di Stato avverso
 la sentenza 18 febbraio 1992 n. 46 con la quale  la  II  sezione  del
 T.A.R.   Piemonte,  pronuncaindo  sui  ricorsi  riuniti  dei  signori
 Michelangelo Miele ed altri (n. 983/1988), Maria Grazia  Ferreri  (n.
 1041/1988),  Francesco Sommariva (n. 1192/1988) e Pier Massimo Prosio
 (n. 1281/1988), ha accolto il primo e il terzo e, per  l'effetto,  ha
 annullato  la  delibera  di giunta regionale 23 marzo 1988 n. 1-19568
 avente ad oggetto  "Approvazione  dei  verbali  e  della  graduatoria
 formulata  dalla  commissione  esaminatrice  e  nomina  vincitori del
 concorso interno per titoli e valutazione attidudinale per  la  prima
 copertura  di  posti  di  seconda  qualifica dirigenziale di cui alla
 legge regione Piemonte n. 60/1987" e gli atti  concorsuali  posti  in
 essere   dalla   commissione   giudicatrice   dopo  l'ammissione  dei
 concorrenti,  e  ha  dichiarato  improcedibili  gli  altri   due   in
 conseguenza  del  gia'  disposto  annullamento  di tutti gli atti del
 concorso, "dalla formulazione dei  criteri  in  poi",  con  integrale
 compensazione  fra  le parti in causa delle spese e degli onorari del
 giudizio.
   Queste le censure:
     a) Erroneita' della sentenza la' dove ritiene che  la  previsione
 della legge regionale relativa al requisito della "stima e prestigio"
 sia  stata  tradotta,  nella  formulazione  dei  criteri  di giudizio
 operata dalla commissione  giudicatrice,  in  una  serie  di  ipotesi
 "disomogenee",  che  hanno  portato  alla violazione del principio di
 parita' fra i concorrenti.
   Il vizio di violazioine dei principio di parita' fra i concorrenti,
 che il T.A.R. ha riscontrato  nella  individuazione  da  parte  della
 commissione  giudicatrice  delle  ipotesi  di  mancanza del requisito
 della "stima e prestigio", sarebbe effettivamente sussistente ove  la
 legge regionale avesse consentito alla stessa commissione di graduare
 il  punteggio  (6  punti)  da  essa  previsto a seconda della diversa
 gravita' dei provvedimenti disciplinari  e  penali  subiti  dai  vari
 candidati.
   Tale   possibilita'   invece   non  sussiste  giacche'  l'art.  22,
 diciannovesimo comma, legge regione Piemonte 8 settembre 1986 n.  62,
 nel  testo  sostituito dall'art. 2 legge regione Piemonte 11 dicembre
 1987 n. 60 impone alla commissione di assegnare tutti i sei punti  ad
 ogni  elemento  di  giudizio  valutato positivamente e nessun punto a
 quelli valutati negativamente. Tale essendo il parametro normativo di
 riferimento deve ritenersi corretto, sia  sul  piano  logico  che  su
 quello giuridico, l'operato della commissione la quale ha ancorato il
 giudizio  negativo sul candidato, sempre con riferimento al requisito
 della "stima e prestigio", ad un "livello di soglia minima", che, per
 quanto attiene al piano disciplinare,  ha  individuato  nell'avvenuto
 deferimento  alla  commissione  disciplinare  e, per quanto attiene a
 quello penale, nell'esistenza di una ordinanza di rinvio a  giudizio.
 In  effetti  l'unico  appunto  teoricamente formulabile nei confronti
 della commissione e' l'inutilita', in presenza di  tale  "livello  di
 soglia minima", della espressa indicazione delle misure, disciplinari
 e penali, di maggiore gravita'.
     b)  Erroneita'  della  sentenza  la' dove censura l'operato della
 commissione giudicatrice - in relazione alla mancata attribuzione  di
 un  determinato  punteggio  ai  ricorrenti Ferreri e Sommariva per la
 sussistenza, a loro carico, rispettivamente, di ordinanza di rivio  a
 giudizio   e   di   sentenza   penale  di  condanna  -  sulla  scorta
 dell'affermazione  che  nessun  rilievo  immediato puo' essere dato a
 provvedimenti penali diversi dalla sentenza penale irrevocabile.
   Erronea e' la premessa dalla quale e' partito il  T.A.R.,  e  cioe'
 che  "tutte le capacita' di diritto pubblico (ed implicitamente anche
 quelle di diritto privato) non possono essere  limitate  se  non  per
 effetto   di   una   sentenza   penale   irrevocabile".   A  smentire
 l'affermazione del primo giudice e' sufficiente il richiamo  all'art.
 287  del nuovo cod. proc. pen., che consente l'applicazione nel corso
 del  giudizio   di   misure   interdittive   quali   la   sospensione
 dall'esercizio  di  un  pubblico  ufficio  o  servizio, il divieto di
 esercitare determinate  attivita'  professionali  o  imprenditoriali,
 ecc., nonche' agli articoli 91 e 93 testo unico 10 gennaio 1957 n. 3,
 che  prevedono  la sospensioine cautelare dall'impiego e l'esclusione
 dagli esami e dagli scrutini del  pubblico  dipendente  sottoposto  a
 procedimento  penale,  ecc.  Questo in linea generale. Per quanto poi
 riguarda la mancata attribuzione del punteggio relativo alla "stima e
 prestigio" ai concorrenti Ferreri e Sommariva  non  e'  condivisibile
 l'affermazione  del  T.A.R.  secondo  cui l'operato della commissione
 avreebbe comportato una non consentita limitazione della  "capacita'"
 dei  soggetti in questione, essendosi al contrario esso risolto nella
 mancata  attribuzione  di  un  punteggio  correlato   alla   positiva
 verificazione  della  sussistenza  dei criteri di giudizio ricompresi
 nella "attitudine  allo  svolgimento  delle  funzioni  proprie  della
 seconda qualifica dirigenziale".
     c)  Erroneita' della sentenza la' dove afferma che il criterio di
 giudizio utilizzato dalla commissione giudicatrice e'  stato  per  la
 ricorrente  Ferreri  fonte  di  danno ingiusto e contraddittoriamente
 inflitto.
   Per la Ferreri l'assoluzione con formula  piena  dal  reato  a  lei
 ascritto  e' intervenuta dopo che la commisione aveva concluso i suoi
 lavori "con la formulazione  ed  approvazione  della  graduatoria  di
 merito",  sicche'  non  e'  condivisibile  in  linea  di principio ed
 inesatta in punto di fatto la pretesa  del  T.A.R.  di  desumere  dal
 trattamento  riservato  alla  suddetta  concorrente  la riprova della
 sostanziale ingiustizia del criterio di  cui  si  discute.  E'  anche
 insussistente  la  contradditorieta'  di  comportamento  che il primo
 giudice imputa all'Amministrazione sul  rilievo  che  anche  dopo  il
 rinvio a giudizio la Ferreri sarebbe stata incaricata di mansioni che
 sottintendevano  il  persistere  di un rapporto di stima e di fiducia
 quanto meno all'interno dell'Amministrazione  stessa.  Non  e'  vero,
 infatti,  che  le suddette mansioni siano state affidate alla Ferreri
 prima  della  conclusione  dei  lavori  da  parte  della  commissione
 giudicatrice.
     d) Erroneita' della sentenza la' dove conclude per l'annullamento
 della  procedura  concorsuale sulla scorta dell'argomentazione che il
 venir  meno  della  legittimita'  di  uno  dei  criteri  di  giudizio
 formulati  dalla commissione si ripercuote anche sugli altri a motivo
 della loro interdipendenza.
   Erroneita'  della  sentenza  per  violazione   del   principio   di
 "corrispondenza fra chiesto e pronunciato".
   Il   T.A.R.  ha  disposto  l'annullamento  della  intera  procedura
 concorsuale, a partire dalla determinazione dei criteri  di  massima,
 sul presupposto della interdipendenza e del conseguente bilanciamento
 fra i quattro elementi che il cit. art. 29, diciottesimo comma, legge
 regione   Piemonte   n.   42   del  1986  assume  come  significativi
 dell'attitudine allo svolgimento delle funzioni proprie della seconda
 qualifica dirigenziale, "sicche' il  venir  meno  della  legittimita'
 anche  di  uno  solo  di  essi  non puo' non riflettersi sul generale
 equilibrio voluto fra i vari titoli da valutare e quindi pregiudicare
 tutto quanto il concorso". Tale conclusione non e'  condivisibile  in
 quanto  frutto di una affrettata lettura della norma soprarichiamata,
 la quale ha invece inteso attribuire rilievo a quattro  elementi  del
 tutto autonomi e diversificati fra di loro. La tesi del primo giudice
 potrebbe  avere  qualche  giustificazione solo ove la legge regionale
 avesse  affidato  alla  commissione  giudicatrice   il   compito   di
 distribuire  e  graduare  i  24 punti, unitariamente considearti, con
 riferimento  ai  quattro  elementi  di   giudizio;   risulta   invece
 palesemente  erronea  ove  solo  si  consideri  che  la  stessa legge
 regionale  ha  gia'  provveduto  alla  distribuzione  del   punteggio
 complessivo  in  relazione  ai  quattro  elementi  di  giudizio e per
 ciascuno di essi ha previsto l'assegnazione (o la  non  assegnazione)
 di sei punti.
   2.  - Si e' costituita in giudizio la signora Maria Grazia Ferreri,
 la  quale  ha  chiesto  che  l'appello  della  regione  Piemonte  sia
 dichiarato  inammissibile  e/o  infondato  in  fatto e in diritto. La
 stessa signora Ferreri, per l'ipotesi  subordinata  che  il  suddetto
 appello  fosse  al contrario ritenuto fondato dalla sezione, con atto
 notificato in data 25 giugno 1992  ha  proposto  appello  incidentale
 condizionato  avverso  la  sentenza  cit.  sub  1, e ne ha chiesto la
 riforma nella parte in cui  annulla  l'intera  procedura  concorsuale
 anziche'  limitarsi  a  disporre  l'assegnazione  in  suo  favore del
 punteggio previsto per la "stima e fiducia", a lei negato proprio nel
 momento in cui stava per concludersi, in senso per lei favorevole, il
 procedimento penale a suo carico e nonostante  che  l'amministrazione
 non  avesse  mai  adottato  nei  suoi  confronti,  nella pendenza del
 suddetto procedimento, alcun provvedimento di  natura  cautelare  ne'
 l'avesse rimessa dal servizio (affari generali della Presidenza) alla
 quale  era  preposta.  Di  qui  l'illogicita'  e contradditorieta' di
 comportamento   dell'Amministrazione   che    contestualmente    nega
 all'interesasta  la  stima e la fiducia necessaria per l'assegnazione
 del punteggio e implicitamente gliela conferma  mantenendola  al  suo
 posto   nell'esercizio   di   funzioni   delicate   e   di   notevole
 responsabilita'.
   L'appellante incidentale ha anche contestato  l'impugnata  sentenza
 nella  parte in cui dispone l'integrale compensazione fra le parti in
 causa delle spese e degli onorari del giudizio, sul rilievo che prima
 ancora che la Commissione  avesse  completato  i  lavori  ella  aveva
 segnalato  la  grave  illegittimita'  che si andava consumando in suo
 danno.
   3. - Si e' costituito in giudizio, per resistere all'appello  della
 regione, il signor Francesco Sommariva.
   Con  atto notificato in data 4 giugno 1992 lo stesso Sommariva, per
 l'ipotesi che la  sezione  ritenesse  invece  fondato  l'appello,  ha
 proposto  appello  incidentale  condizionato avverso la sentenza cit.
 sub 1) e, dopo una diffusa esposizione dei fatti che lo  hanno  visto
 protagonista  di  procedimenti penali e di giudizi di responsabilita'
 innanzi alla Corte dei conti, ha chiesto alla Sezione di esaminare  i
 motivi  di  censura  sui  quali il T.A.R. ha omesso di pronunciare in
 conseguenza   del   disposto   annullamento   dell'intera   procedura
 concorsuale.
   Con riferimento alla procedura concorsuale ha dedotto:
     a)  Violazione  di legge in relazione alla tabella ricompresa nel
 dodicesimo comma dell'art. 29 legge regionale  8  settembre  1986  n.
 42,  novellato  dall'art.  2 legge regionale 11 dicembre 1987 n. 60 -
 Eccesso di potere per  carenza  di  istruttoria  e  travisamento  dei
 fatti.
   In  contrasto  con  le inequivoche risultanze degli atti sono stati
 immotivamente sottratti al ricorente i punteggi a lui  spettanti  per
 titoli  di  servizio  e  per  titoli  connessi  allo  svolgimento  di
 mansioni.  Sempre ai fini della valutazione dei  titoli  di  servizio
 non e' stato considerato il periodo di sospensione cautelare;
     b)  Eccesso  di  potere per illogicita', perplessita', carenza di
 motivazione e contradditorieta' - Violazione di legge in relazione ai
 principi generali dell'ordinamento in materia di concorsi pubblici ed
 al principio costituzionale di buon andamento della p.a. - Sviamento.
 La commissione ha negato al ricorrente i  punteggi  previsti  per  la
 "collaborazione e partecipazione al raggiungimento degli obiettivi" e
 per la "stima e fiducia" in considerazione della condanna che sarebbe
 stata  inflitta  allo  stesso ricorrente per reati commessi contro la
 p.a., ma  ha  ignorato  che  per  i  suddetti  reati  egli  e'  stato
 prosciolto dalla Corte di cassazione;
     c)  Eccesso  di  potere  per  illogicita'  ed irrazionalita'. Una
 ulteriore riprova della  irrazionalita'  di  criteri  di  valutazione
 fissati dalla commissione giudicatrice emerge dall'esame della scheda
 personale  del  signor Giovanni Fasolini al quale sono stati negati i
 sei punti previsti per la collaborazione perche' lo stesso, di fatto,
 non avrebbe mai prestato servizio nelle strutture  regionali,  mentre
 gli  sono  stati  assegnati  i sei punti previsti per la stima goduta
 all'interno dell'Amministrazione;
     d) Eccesso di potere per travisamento e carenza di motivazione  -
 Violazione  di  legge in relazione ai principi generali in materia di
 pubblici  concorsi  ed  all'art.  29,  diciannovesimo  comma,   legge
 regionale  8  settembre 1986 n. 42, cosi' come novellato dall'art.  2
 legge regionale 11 dicembre 1987 n. 60.  L'incredibile velocita'  con
 la  quale  la  commissione  ha  vagliato  la  posizione  dei  singoli
 candidati dimostra con  evidenza  che  la  scelta  dei  candidati  da
 dichiarare  vincitori  era  gia'  stata  fatta e ad opera di soggetti
 estranei  alla  commissione  stessa,  la  quale  si  e'  limitata  ad
 avallarla.   Quanto invece alle deliberazioni di giunta, con le quale
 sono stati attribuiti gli  incarichi  di  direzione  dei  servizi  ai
 vincitori del concorso, l'appellante deduce:
     e)  Illegittimita'  derivata  -  Violazione di legge in relazione
 agli artt. 45 e 49 legge 10 febbraio 1953, n.  62  -  Violazione  del
 principio   di   irretroattivita'   degli  atti  amministrativi.    I
 provvedimenti,  che  attribuiscono  ai  vincitori  del  concorso  gli
 incarichi  di direzione dei servizi, sono illegittimi non solo in via
 derivata, cioe' in diretta  conseguenza  della  illegittimita'  della
 intera  procedura  concorsuale,  ma anche per vizi propri: i suddetti
 incarichi   sono    stati    infatti    attribuiti    contestualmente
 all'approvazione   della  graduatoria  concorsuale,  come  prescritto
 dall'art. 28, terzo comma, legge regionale n. 60 del 1987, ma la loro
 decorrenza  non  poteva essere anteriore alla data in cui la suddetta
 graduatoria era divenuta esecutiva per aver superato il controllo  di
 legittimita'.   Il ricorrente ha infine contestato la declaratoria di
 integrale compensazione fra le parti delle spese e degli onorari  del
 giudizio, cui e' pervenuta il T.A.R. osservando che in primo grado la
 soccombenza della regione e' stata integrale e che sono indecifrabili
 i  "giusti  motivi"  in  base ai quali lo steso T.A.R. ha ritenuto di
 potersi discostare dalla regola generale fissata  dall'art.  91  cod.
 proc. civ.
   4. - Si sono costituiti in giudizio i signori Michelangelo Miele ed
 altri,  in  epigrafe  indicati,  i  quali  hanno  chiesto  il rigetto
 dell'appello proposto dalla regione. In via subordinata, e cioe'  per
 l'ipotesi  che  detto  appello  fosse  invece  ritenuto fondato dalla
 sezione, con atto notificato in data 3  giugno  1992  hanno  proposto
 appello  incidentale  condizionato  avverso la sent. cit. sub 1) e ne
 hanno  chiesto   l'annullamento   nella   parte   in   cui   dichiara
 improcedibile  il  loro ricorso, riproponendo le censure gia' dedotte
 innanzi  al  primo  giudice  e  sulle  quali  questo  ha  omesso   di
 pronunciare, e cioe':
     a)  Violazione di legge, con particolare riferimento all'art.  2,
 punto C) della tabella allegata alla legge regionale 11 dicembre 1987
 n. 60 - Eccesso di potere per errore sui presupposti e disparita'  di
 trattamento.    Ad  alcuni concorrenti, risultati vincitori, e' stato
 illegittimamente attribuito il punteggio previsto dal punto C)  della
 citata  tabella  per lo svolgimento, in atto o pregresso, di funzioni
 ritenute con atto deliberativo  della  giunta  regionale  ascrivibili
 alle  funzioni  di responsabile di servizio regionale, nonostante che
 gli atti deliberativi in  questione  fossero  stati  tutti  annullati
 dall'organo  di controllo.   Per l'ipotesi subordinata che la sezione
 ritenesse che l'Amministrazione, cosi' operando,  ha  fatto  corretta
 applicazione  della  legge  regionale  11 dicembre 1987, n. 60, viene
 sollevata questione di  legittimita'  costituzionale  della  suddetta
 legge  per  contrasto  con  il  principio  di  ragionevolezza  di cui
 all'art. 3 Cost., nonche' con i successivi artt. 97 e 117. Ed  invero
 del tutto irragionevolmente detta legge, nella interpretazione che ne
 ha  fatto  la commissione, attribuirebbe rilevanza determinante ad un
 fatto del tutto contingente quale l'esistenza di un  atto  di  giunta
 non  attributivo  di  funzioni  ma  di  mero riconoscimento che certi
 compiti sono ascrivibili ad una determinata funzione;
     b) Eccesso di potere per difetto di motivazione  ed  illogicita'.
 Il  punteggio relativo all'attitudine allo svolgimento delle mansioni
 proprie della seconda qualifica dirigenziale e' stato  attribuito  in
 modo   rigido,  senza  una  effettiva  valutazione  delle  situazioni
 individauali e, soprattutto senza alcuna motivazione;
     c) Eccesso di potere per  difetto  d'istruttoria  ed  errore  sui
 presupposti   -  Violazione  di  legge  con  particolare  riferimento
 all'art.  21, diciottesimo comma, legge regionale n. 60 del 1987.
   I punteggi relativi alla stima e  alla  collaborazione  sono  stati
 illegittimamente   assegnati  a  candidati  notoriamente  incorsi  in
 incidenti giudiziali;
     d) Violazione di legge, con particolare  riferimento  alla  legge
 regionale  11 dicembre 1987 n. 60 (art. 2, dodicesimo comma, punto C)
 - Eccesso di potere per disparita' di trattamento.    La  commissione
 giudicatrice,  dichiarando di voler prendere in consider  azione solo
 le  funzioni  attribuite  dalla  giunta regionale in attuazione della
 legge regionale n. 73 del 1979, ha introdotto un limite temporale che
 non solo non ha alcun fondamento normativo, ma che si  traduce  anche
 in  una  presunta discriminazione fra i candidati tenuto conto che la
 figura  professionale  del  capo  servizio  e'  stata  prevista   dal
 legislatore  regionale sin dal 1974 (legge regionale n. 22 del 1974).
 Vittima di tale discriminazione e' stata, ad esempio,  la  ricorrente
 Mirella  Cravanzona  la  quale,  pur  essendo  in  possesso  di detta
 qualifica  sin  dal  15  marzo  1977,  ne  ha   visto   limitato   il
 riconoscimento  al  solo  periodo  compreso  fra  il 15 luglio e il 2
 ottobre 1986.
     e) Ancora: eccesso di potere per disparita' di trattamento.    La
 commissione  hon ha neppure applicato, con la dovuta imparzialita', i
 rigidi limiti temporali da essa stessa  prefissati:  ed  infatti,  in
 favore  della  dipendente  Carla Spaguolo e' stata valutata sin dal 5
 agosto 1975 la mansione di capo gabinetto del presidente della giunta
 regionale, nonostante si tratti di mansione non  prevista  dalla  una
 specifica legge di settore; eguale illegittimita' e' stata perpretata
 in  favore  del dipendente Luigi Momo, al quale e' stato riconosciuto
 il servizio svolto nella qualita' di capo  del  Servizio  urbanistico
 regionale.
     f)  Violazione di legge, con particolare riferimento all'art.  2,
 diciannovesimo comma, legge regionale 11 dicembre 1987 n.  60.    Dal
 verbale   della   riunione  del  16  febbraio  1988  risulta  che  la
 commissione, nonostante la particolare  laboriosita'  e  complessita'
 degli  adempimenti  ad  essa  affidati dalla legge, ha impiegato solo
 un'ora e mezza per esaminare ben 225 candidati, riservando  quindi  a
 ciascuno di essi 24 secondi.
     g)  Ancora:  violazione  di  legge,  con  particolare riferimento
 all'art.  2, diciannovesimo comma, legge regionale 11 dicembre  1987,
 n. 60.
   Identica, sorprendente velocita' la commissione ha dimostrato nella
 seduta  del 17 e 18 febbraio nel corso delle quali ha rispettivamente
 esaminato, nel giro di due ore e  mezza,  80  e  129  candidati.    A
 conclusione  del loro appello incidentale i ricorrenti hanno osservat
 o che l'annullamento dell'intera procedura concorsuale, al  quale  il
 T.A.R.  e'  pervenuto  a seguito della riconosciuta fondatezza di uno
 dei motivi di censura dedotti dai ricorrenti Ferreri e Sommariva, non
 e' in grado di arrecare ad  essi  alcun  concreto  vantaggio  ove  le
 restanti valutazioni operate dalla commissione giudicatrice venissero
 reiterate  negli  identici termini. Di qui il loro interesse a che la
 sezione porti il suo esame su tutte le  censure  da  essi  dedotte  e
 sulle  quali  il  primo giudice ha omesso di pronunciare, ritenendole
 assorbite.
   5. - Con atto (n. 1116/1992) notificato in data 3-5 giugno  1992  i
 signori Enrico Fassio ed altri, in epigrafe indicati, tutti collocati
 nella graduatoria di merito in posizione utile per la promozione alla
 seconda  qualifica  dirigenziale, hanno proposto appello al Consiglio
 di Stato avverso  la  sentenza  del  T.A.R.  Piemonte,  II  sez.,  18
 febbraio  1992  n.  46 (cit. sub 1) e ne hanno chiesto l'annullamento
 sulla base dei seguenti motivi di censura:
     a)  Errore  di  motivazione  della  sentenza impugnata, sul punto
 della  presunta  violazione  della  par  condicio  fra  i   candidati
 partecipanti   al  concorso  -  Violazione  ed  erronea  applicazione
 dell'art. 29  legge  regionale  n.  42  e  successive  modificazioni.
 L'affermazione  del T.A.R., secondo cui l'indicazione contenuta nella
 citata legge regionale in ordine alla stima e  al  prestigio  sarebbe
 stata  tradotta dalla commisione giudicatrice in una serie di ipotesi
 del tutto disomogenee fra di  loro,  che  avrebbero  determinato  una
 palese  violazione  del  principio  di parita' fra i concorrenti, non
 considera  che  l'organo  collegiale  non  disponeva  del  potere  di
 graduare  i 6 punti secondo una propria valutazione del comportamento
 tenuto, all'interno e al di  fuori  della  struttura  regionale,  dai
 singoli  candidati,  potendo  solo  riconoscere  o negare il suddetto
 punteggio nella sua unitarieta'. Sicche' e' del tutto logico  che  la
 commissione  si  sia limitata ad individuare le "ipotesi meno gravi",
 che determinavano comunque il venir meno della stima e del  prestigio
 e,  solo  per  completezza,  abbia  aggiunto  ad esse le ipotesi piu'
 gravi.    E'  pertanto  arbitrario   attribuire   all'operato   della
 commissione  un  vizio che e' semmai imputabile alla legge regionale,
 di cui l'organo collegiale ha fatto corretta e puntuale applicazione;
     b)  Errore  di  motivazione  della  sentenza  sul   punto   della
 considerazione  di  pronuncie  giudiziarie  penali  non  definitive -
 Erronea applicazione dell'art. 27 Cost.   E' anche errata,  sotto  un
 duplice  profilo,  l'ulteriore affermazione del T.A.R. secondo cui la
 commissione, dando rilievo a sentenze penali non definitive,  avrebbe
 causato  una  illegittima  limitazione  della  capacita'  di  diritto
 pubblico e privato di taluni candidati. Ed invero:    a)  il  mancato
 riconoscimento  della  stima  e  del prestigio ha determinato solo la
 mancata atribuzione del punteggio (6 punti su  80)  previsto  a  tale
 titolo;  b)  una  serie  imponente di leggi assegna rilievo a vicende
 penali ancora pendenti.  Ne'  queste  conclusioni  possono  ritenersi
 smentite dal caso personale della ricorrente Ferreri, considerato dal
 T.A.R. emblematico degli errori di valutazione in cui sarebbe incorsa
 la  commissione,  essendo  documentato  che  il proscioglimento della
 Ferreri dai reati di cui era imputata e' intervento solo dopo che  la
 commissione  aveva  concluso i lavori. Ed anche le funzioni superiori
 sono state  assegnate  alla  predetta  dipendente  molto  tempo  dopo
 l'esaurimento   della  procedura  concorsuale  e  il  proscioglimento
 penale, e non prima, come vorrebbe fare intendere il tribunale;
     c) Erroneita' della sentenza impugnata, in  punto  considerazione
 art.  29  legge  regionale  n.  42  del 1986 e considerazione vicende
 disciplinari.  Erronea ed indimostrata e' l'affermazione  del  T.A.R.
 secondo  cui  la  legge  regionale  cit.,  accennando alla stima e al
 prestigio, avrebbe inteso riferirsi solo a quelli che  il  dipendente
 acquisisce  "attraverso pubblicazioni o partecipazione a vario titoli
 a convegni, seminari di studio o commissioni scientifiche  per  conto
 della   regione   Piemonte".     Si  tratta  di  una  interpretazione
 assolutamente riduttiva della legge  che  si  pone  in  irragionevole
 contrasto   sia  con  la  disciplina  della  dirigenza  statale,  che
 costituisce il modello al quale  la  citata  legge  regionale  si  e'
 chiaramente  ispirata,  sia  con le univoche indicazioni che emergono
 dalla  giurisprudenza  del  giudice   amministrativo.      E'   anche
 tautologica  ed  indimostrata  l'affermazione del T.A.R.  secondo cui
 non si potrebbe dare rilievo  alla  censura  e  al  deferimento  alla
 commissione di disciplina;
     d)   Erroneita'   della   sentenza   sul   punto  dell'estensione
 dell'annullamento - Eccesso di potere giurisdizionale.  Illogico,  ed
 anche ultroneo rispetto alla richiesta degli originari ricorrenti, e'
 l'annullamento  della  intera  procedura concorsuale cui il T.A.R. e'
 pervenuto sulla base di un asserito nesso di  interdipendenza  fra  i
 quattro  elementi di giudizio relativi alla valutazione attitudinale,
 che al contrario sono tutti autonomi ed indipendenti fra di loro.
   6. - Si e' costituito in giudizio, per  resistere  all'appello,  il
 signor Francesco Sommariva il quale nella via del ricorso incidentale
 ha anche riproposto le censure gia' dedotte innanzi al T.A.R. e sulle
 quali  il primo giudice non ha pronunciato per effetto del dichiarato
 annullamento  dell'intera  procedura  concorsuale.   Si   tratta   di
 doglianze   di  contenuto  identico  a  quelle  dedotte  nell'appello
 incidentale gia' proposto sul ricorso in appello (n. 909/1992)  della
 regione Piemonte (v. n. 3).
   7.  -  Si  sono costituiti in giudizio, per resistere al ricorso, i
 signori Michelangelo Miele ed altri, in epigrafe  indicati,  i  quali
 hanno  contestato  i  singoli motivi d'impugnazione ed hanno concluso
 per  il  rigetto   dell'appello,   con   vittoria   di   spese,   con
 argomentazioni  sostanzialmente  analoghe  a  quelle  gia' svolte per
 resistere all'appello della regione Piemonte (v. n. 4).
   8. - Si sono costituiti in giudizio  il  commissariato  governativo
 presso  la  regione  Piemonte  e la regione   Piemonte, i quali hanno
 chisto l'accoglimento dell'appello con vittoria di spese.
   9. - Con atto (n. 1678/1992) notificato in data 15-16  luglio  1992
 il  signor  Pier  Massimo  Prosio ha proposto appello al Consiglio di
 Stato avverso la sentenza del T.A.R. Pemonte, II  sez.,  18  febbraio
 1992  n.  46  (cit. sub 1) e ne ha chiesto l'annullamento sul rilievo
 che il dispsoto annullamento dell'intera procedura  concorsuale,  cui
 il   primo   giudice   e'   pervenuto   sulla  base  della  esclusiva
 considerazione  di  taluni  dei  motivi  di  censura  dedotti   dagli
 originari  ricorrenti  Ferreri  e  Sommariva,  non  e'  in  grado  di
 soddisfare l'interesse di coloro che  avevano  proposto  censure  non
 solo  attinenti  alla propria posizione personale, ma anche di ordine
 generale (come quella attinente alla illegittima  composizione  della
 commissione  giudicatrice) che, ove esaminate e riconosciute fondate,
 avrebbero determinato la radicale  illegittimita'  erga  omnes  della
 procedura  concorsuale e, quindi, l'obbligo per l'amministrazione dei
 ripetere ab origine le relative operazioni. Nel contestare quindi  la
 declaratoria  di  improcedibilita',  cui  il  T.A.R. e' pervenuto nei
 riguardi  del  ricorso  da  lui  presentato,  il  signor  Prosio   ha
 riproposto  le  censure  che  aveva  gia'  dedotto  innanzi  al primo
 giudice, e cioe':
     a) Illegittimita' per vizi  propri  della  procedura  concorsuale
 oggetto  di gravame.   Illogico e contraddittorio e' il comportamento
 della commissione giudicatrice la quale, nel valutare l'attitudine di
 ciascun candidato  allo  svolgimento  delle  mansioni  proprie  della
 qualifica  superiore,  ha attribuito a tutti, in relazione ai quattro
 elementi di giudizio richiamati dal cit. art. 29, l'identico  massimo
 punteggio, con esclusione di coloro nei cui confronti era pendente un
 procedimento  disciplinare o penale, senza operare alcuna distinzione
 in  relazione  al  diverso  grado  di  preparazione   ed   esperienza
 professionali. Non risulta neppure in modo chiaro con quali modalita'
 la  commissione  abbia  provveduto  all'attribuzione dei punteggi (28
 punti) relativi ai titoli di servizio;
     b)   Illegittimita'   della   procedura  concorsuale  oggetto  di
 impugnativa  per  vizi  derivanti  dalla  illegittimita'  sul   piano
 costituzionale  della  legge  regionale  11 dicembre 1987 n. 60.   E'
 irragionevole, e quindi contrastante con  i  principi  fissati  dagli
 artt.  3,  51  e  57  Cost.,  l'art. 29, quattordicesimo comma, legge
 regionale n. 60 del 1987 nella parte in cui limita  la  valutabilita'
 dei  titoli  di  servizio fino ad un massimo di 14 anni e prevede per
 essi un punteggio totale di 28 punti.  E' in contrasto con i principi
 fissati dagli artt.  3,  97  e  117  della  Costituzione  l'art.  29,
 dodicesimo comma, lett. c) legge regionale n. 60 del 1987 nella parte
 in  cui  limita  la  valutabilita'  dei titoli di servizio fino ad un
 massimo di 14 anni e per essi  prevede  un  punteggio  totale  di  28
 punti.    E'  in contrasto con i principi fissati dagli artt. 3, 97 e
 117 della Costituzione l'art. 29, dodicesimo comma,  lett.  c)  legge
 regionale citata nella parte in cui, agli effetti della valutabilita'
 dei   titoli   connessi   allo   svolgimento   di   funzioni   presso
 l'amministrazione regionale, assegna rilevanza solo  all'espletamento
 della  funzione  di  responsabile  di  servizio  regionale  ovvero di
 funzione  ritenuta  con  atto  deliberativo  della  giunta  regionale
 ascrivibile  alla medesima, prevedendo per detto espletamento 4 punti
 per ogni anno con un massimo di 20 punti.  La norma in  questione  e'
 palesemente  illegittima  sia  perche'  prevede  l'attribuzione di un
 punteggio in relazione  non  al  concreto  status  professionale  del
 funzionario  concorrente, ma alla mera sussistenza di un mediato atto
 deliberativo  della  giunta  regionale,   sia   perche'   costituisce
 potenziale  fonte  di abusi da parte dell'amministrazione la quale e'
 messa in condizioni di pretendere  dai  suoi  dipendenti  prestazioni
 superiori  e,  al  tempo  stesso,  di disconoscerne la rilevanza agli
 effetti della progressione di carriera perche' non  precedute  da  un
 formale atto deliberativo.
   Di tale anomalia legislativa e' stata vittima proprio il ricorrente
 il  quale,  pur  avendo svolto per lungo   tempo funzioni vicarie del
 titolare   del   servizio   legislativo,   assorbito   da   incarichi
 politico-amministrativi, non ha ottenuto alcun riconoscimento formale
 a  causa  della  mancanza  di un formale atto di riconoscimento delle
 superiori funzioni svolte.  L'art. 29, nono  comma,  legge  regionale
 citata, contrasta infine con gli artt. 3, 97 e 117 della Costituzione
 nella  parte  in  cui  prevede  che  la  commissione giudicatrice sia
 composta esclusivamente da rappresentanti  politici,  laddove  l'art.
 29, ottavo comma, della pregressa legge regionale 8 settembre 1986 n.
 42,  prevedeva quanto meno che l'organo collegiale fosse integrato da
 tecnici ed esperti qualificati.
   10. - Si e' costituita in giudizio la regione Piemonte la quale  ha
 chiesto   il   rigetto   dell'appello   nella  parte  in  cui  chiede
 l'annullamento relativamente alla  declaratoria  di  improcedibilita'
 dell'originario ricorso del signor Prosio.
   11.  -  Analoga  richiesta  e'  stata formulata dalla signora Maria
 Grazia Ferreri.
   12. - Con atto (n. 1709/1992) notificato in data 22  luglio 1992 il
 commissariato di Governo  presso  la  regione  Piemonte  ha  proposto
 appello  al  Consiglio  di  Stato  avverso  la  sentenza  del  T.A.R.
 Piemonte, II sezione, 18 febbraio 1992 n. 46 (cit. sub  1)  e  ne  ha
 chiesto  l'annullamento  contestando  la sussistenza (riscontrata dal
 T.A.R.)  del  vizio  di  violazione dell'art. 19, diciottesimo comma,
 legge  regionale  8  settembre   1986   n.   42.   La   tesi   svolta
 dall'amministrazione, nello stringatissimo atto di appello, e' che la
 regione,   "lungi   dal   pervenire  ad  un  anticipato  giudizio  di
 colpevolezza, ha ritenuto che  la  stima  e  il  prestigio  potessero
 essere  intaccati (cosa che oggettivamente di norma accade) a seguito
 della sottoposizione a un  giudizio  penale  caratterizzato,  per  di
 piu',  dall'essersi  gia'  completata  l'istruttoria con ordinanza di
 rinvio a giudizio dell'imputato".   Ha anche chiarito,  in  punto  di
 fatto,  che le segnalazioni da parte di taluni ricorrenti di asserite
 illegittimita'    che  sarebbero  state  commesse  dalla  commissione
 giudicatrice  in  loro danno non sono pervenute in tempo utile e che,
 comunque, le stesse concernevano giudizi di  merito  esultanti,  come
 tali,   dal   sindacato   di  legittimita'  riservato  all'organo  di
 controllo.
   13. - Si e' costituita in giudizio la regione Piemonte, la quale ha
 chiesto l'accoglimento dell'appello.
   14. - Si e' costituita in giudizio la signora Maria Grazia  Ferreri
 che, al contrario, ne ha chiesto il rigetto.
   15.  -  Con atto (n. 1802/1992) notificato in data 25 luglio 1992 i
 signori Michelangelo Miele ed  altri  (in  epigrafe  indicati)  hanno
 proposto appello al Consiglio di Stato avverso la sentenza del T.A.R.
 Piemonte,  II  sez.,  18  febbraio 1992 n. 46, cit. sub 1, e ne hanno
 chiesto l'annullamento nella parte in cui ha dichiarato improcedibile
 il loro ricorso per effetto  del  gia'  disposto  annullamento  della
 intera   procedura  concorsuale  in  conseguenza  della  riconosciuta
 fondatezza di taluni dei  motivi  di  ricorso  proposti  dai  signori
 Ferreri e Sommariva.  Premesso che dal suddetto annullamento essi non
 hanno  ricavato  alcun concreto vantaggio, sussistendo il rischio che
 le valutazioni operate  nei  loro  confronti  siano  rinnovate  negli
 identici  termini,  hanno riproposto le censure gia' dedotte in primo
 grado. Dette censure hanno contenuto identico a quelle proposte nella
 via dell'appello incidentale sul ricorso  in  appello  della  regione
 Piemonte  (n. 4).   Nuova, rispetto all'appello incidentale di cui si
 e' detto, e'  invece  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
 sollevata  nei confronti dell'art. 29 legge regionale n. 42 del 1986,
 per contrasto sia con l'art. 97 della Costituzione che con i principi
 affermati  dal  giudice  delle  leggi  in  ordine   ai   criteri   di
 composizione  delle  commissioni  esaminatrici  di  pubblici concorsi
 (Corte cost. 15 ottobre 1990, n.  453),  anche  se  essa  in  effetti
 ripropone  quella  gia' sollevata innanzi al primo giudice e, al pari
 degli altri motivi  di  legittimita'  ordinaria,  non  esaminata  dal
 T.A.R.   La   tesi  sostenuta  dagli  appellanti  e'  che  un  organo
 giudicante, formato esclusivamente da politici, non e'  in  grado  di
 garantire l'imparzialita' e l'obiettivita' dell'azione amministrativa
 volta  alla individuazione dei soggetti piu' capaci professionalmente
 e, quindi, piu' meritevoli di progredire in carriera.
   16. - Si e' costituita in giudizio la signora Maria Grazia Ferreri,
 la quale ha chiesto il rigetto dell'appello, con vittoria di spese.
   17. - Si e' costituita in giudizio la regione Piemonte la quale  ha
 eccepito  l'inammissibilita' dell'appello (e, prima ancora, dell'atto
 introduttivo del giudizio di primo grado) sulla base  di  un  duplice
 rilievo:  a)  tutti  gli  appellanti  hanno  ricevuto  il massimo dei
 punteggi cui potevano aspirare sotto il profilo della valutazione sia
 dei  titoli  che  dell'attitudine alle mansioni proprie della seconda
 qualifica dirigenziale;  b)  gli  stessi  appellanti  non  hanno  mai
 contestato   possibili  errori  nel  calcolo  dei  punteggi  ad  essi
 assegnati.
   18. - Con atto (n. 127/1993) notificato in data 3-5  dicembre  1994
 il  commissariato  di Governo presso  la regione Piemonte ha proposto
 appello  al  Consiglio  di  Stato  avverso  la  sentenza  del  T.A.R.
 Piemonte, II sez., 18 febbraio 1992 n. 46.
   L'atto in questione costituisce la pedissequa ripetizione di quello
 gia' notificato avverso la stessa sentenza in data 22 luglio 1992 (n.
 12).
   19.  -  Con  successive  memorie  le parti in causa hanno ripreso e
 meglio puntualizzato le rispettive difese.  All'udienza  pubblica  di
 discussione si sono richiamate agli scritti difensivi.
                             D i r i t t o
   1.  -  I  ricorsi  in  appello  nn. 909/1992, 1116/1992, 1678/1992,
 1709/1992, 1802/1992 e 127/1993 devono essere riuniti,  onde  formare
 oggetto  di  un'unica  decisione,  perche'  tutti  proposti  conto la
 sentenza del T.A.R.  Piemonte, II sez., 18 febbraio 1992, n. 16.
   2. - Il ricorso in  appello  (n.  127/1993)  del  commissariato  di
 Governo   presso   la  regione  Piemonte  costituisce  la  pedissequa
 ripetizione, senza alcuna variazione di ordine formale o sostanziale,
 del ricorso in appello (n.  1709/1992)  gia'  proposto  dalla  stessa
 autorita'  avverso  la  sopra citata sentenza del T.A.R. Piemonte. E'
 successo infatti che, a  seguito  dell'ordinanza  presidenziale,  che
 ingiungeva   all'appellante   di   procedere  alla  integrazione  del
 contraddittorio estendendo la notifica dell'appello (n. 1709/1992)  a
 tutti  i controinteressati, il commissariato di Governo ha depositato
 copia del suddetto ricorso con la prova delle eseguite  notificazioni
 e  a  detto  ricorso  la  segreteria  della  Sezione, per mero errore
 materiale, ha assegnato un nuovo numero di ruolo (127/1993). Pertanto
 detto ricorso, non avendo un contenuto  autonomo  rispetto  a  quello
 precedente, deve essere considerato mera ripetizione di quest'ultimo,
 del quale condivide la sorte.
   3.  -  Dall'esame  della  documentazione  in  atti  e degli scritti
 difensivi   depositati   dagli   appellanti    principali    e    dai
 resistenti-appellanti  incidentali  emergono  tre  questioni  che, ad
 avviso del collegio, assumono carattere prioritario rispetto ad  ogni
 altra.    La  prima  e' quella che concerne la legittima composizione
 della commissione giudicatrice del concorso di cui si discute.    Nel
 corso del giudizio di primo grado a taluni degli originari ricorrenti
 era  stata  sollevata  questione  di  legittimita' costituzionale nei
 confronti dell'art. 29 legge regione Piemonte 8 settembre 1986 n.  42
 (nel testo sostituito dall'art. 2 legge regionale 11 dicembre 1987 n.
 60)  -  per  contrasto con gli artt. 3, 97 e 117 della Costituzione -
 nella  parte  in  cui  (nono  comma)  prevede  che   la   commissione
 giudicatrice del concorso per la prima copertura dei posti di seconda
 qualifica dirigenziale sia formata dai componenti la giunta regionale
 e  dal  presidente  del  consiglio  regionale,  e  cioe' da esponenti
 politici, e non da tecnici.
   Il T.A.R. ha  ritenuto  non  rilevante  al  fine  del  decidere  la
 suddetta questione sul rilievo che la richiesta di annullamento degli
 atti   della   procedura   concorsuale,   avanzata   dagli  originari
 ricorrenti, poteva essere soddisfatta anche per altra  via,  e  cioe'
 con  la  positiva  definizione  di  talune  censure  (di legittimita'
 ordinaria) attinenti al modus procedendi seguito dal suddetto  organo
 collegiale nella predeterminazione dei criteri di massima relativi ad
 uno  dei  quattro  elementi  ("stima e prestigio goduti all'interno e
 all'esterno dell'amministrazione") assunti dall'art. 29, diciottesimo
 comma, legge regionale 8 settembre 1986 n. 42 (nel  testo  sostituito
 dall'art.  2  legge  regionale  11 dicembre 1987 n. 60) come idonei a
 verificare  la  concreta  attitudine  dei  singoli   candidati   allo
 svolgimento  delle  funzioni  proprie  della  superiore  qualifica da
 conferire.    Il  collegio  non  ritiene  di  poter  condividere   la
 conclusione  del  primo  giudice  dal  momento  che,  anche sul piano
 logico,   l'indagine   sulla   legittima   composizione   dell'organo
 giudicante  assume  rilievo  prioritario rispetto alla verifica della
 legittimita' del suo operato.  Ne' varrebbe opporre che la  questione
 di  legittimita' costituzionale, ove riconosciuta fondata dal giudice
 delle leggi, avrebbe come effetto obbligato  l'annullamento  in  toto
 (da  parte  del  giudice  remittente)  della  procedura  concorsuale,
 laddove da parte di taluni degli originari ricorrenti  l'annullamento
 era  stato chiesto solo in parte qua, investendo le loro doglianze la
 mancata attribuzione di punteggi ai quali assumevano di aver  diritto
 ovvero  l'assegnazione  ad alcuni vincitori di punteggi a loro avviso
 non spettanti.  Puo' infatti osservarsi, in primo luogo, che anche il
 modus  procedendi   seguito   dal   primo   giudice   ha   comportato
 l'annullamento  dell'intera  procedura  concorsuale,  con conseguente
 sacrificio delle aspettative di quelli, fra gli originari ricorrenti,
 il cui petitum era limitato alla mera correzione della loro posizione
 in  graduatoria  e  che  hanno   pertanto   denunciato,   nella   via
 dell'appello  incidentale,  il  vizio  di  ultrapetizione  nel  quale
 sarebbe incorso il T.A.R.  Assume in ogni caso  carattere  assorbente
 la  considerazione  che ove taluni, fra coloro che sono insorti nella
 sede  giurisdizionale  contro  gli  stessi  atti,  ne  contestano  la
 legittimita'  per  l'asserita  illegittimita' della norma di cui essi
 costituiscono applicazione,  non  puo'  il  giudice  investito  della
 questione  prescindere  da  essa  (id est, dichiararla non rilevante)
 assgnando rilievo preminente al disposto annullamento per  altra  via
 degli atti impugnati e trascurando la ragione per la quale, almeno da
 taluni, detto annullamento era stato chiesto, e cioe' il dubbio sulla
 imparzialita'  e  sulla  competenza  tecnica  dell'organo giudicante,
 destinato inevitabilmente a rimanere insoluto  ove,  nella  rinnovata
 procedura,  la  funzione valutativa e selettiva fosse conservata allo
 stesso organo.  Di qui la rilevanza della questione, la quale risulta
 anche non manifestamente infondata.  In recenti occasioni (15 ottobre
 1990 n. 453; 27 luglio 1993 n.  333), pronunciando sulla legittimita'
 di leggi regionali aventi  contenuto  pressoche'  identico  a  quello
 della  norma ora in esame, la Corte cost.  ha sostenuto la necessita'
 che "nella formazione delle commissioni il  carattere  esclusivamente
 tecnico del giudizio debba risultare salvaguardato da ogni rischio di
 deviazione  verso  interessi  di  parte  o comunque diversi da quelli
 propri del concorso, il cui obiettivo non puo' essere  altro  che  la
 selezione  dei  candidati  migliori".  Tale  esigenza, ha aggiunto il
 giudice  delle  leggi,  "impone   che,   nella   composizione   delle
 commissioni,  la  presenza  di  tecnici o esperti - interni o esterni
 all'amministrazione ma in ogni caso  dotati  di  adeguati  titoli  di
 studio e professionali rispetto alle materie oggetto di prova - debba
 essere,  se  non eslcusiva, quanto meno prevalente, tale da garantire
 scelte fondate sull'applicazione di parametri neutrali e  determinate
 soltanto  dalla valutazione delle attitudini e della preparazione dei
 candidati" (Corte cost., n. 453/1990).  Ad avviso del  collegio  tale
 esigenza  non  risulta affatto soddisfatta dall'art. 29 legge regione
 Piemonte 8 settemnbre 1986 n. 42,  nel  testo  innovato  dall'art.  2
 legge  regionale 11 dicembre 1987 n. 60, il quale assegna le funzioni
 di  commissione  giudicatrice  del  concorso  interno  per  la  prima
 copertura  di  posti  di  seconda  qualifica dirigenziale alla giunta
 regionale integrata dal presidente del consiglio regionale,  con  una
 radicale  inversione  di  tendenza rispetto al testo originario dello
 stesso art. 29, il quale prevedeva invece che  la  commissione  fosse
 composta  dal presidente della giunta regionale o da un suo delegato,
 con funzioni di presidente, da due consiglieri regionali di  cui  uno
 di  minoranza  e da due esperti designati dalla giunta regionale.  Di
 consegunza  appare  non  manifestamente  infondata  la  qustione   di
 legittimita' costituzionale proposta nei confronti del cit. art.  29,
 nel testo sostituito dal cit. art. 2, per violazione del principio di
 imparzialita'  dell'azione  amministrativa  (art.  97,  primo  comma,
 Cost.), nella parte in cui non prevede che quanto meno la maggioranza
 dei componenti della commissione giudicatrice sia formata da  esperti
 dotati  di  specifiche  competenze  tecniche  rispetto  ai  titoli da
 valutare per l'accesso alla seconda qualifica dirigenziale.
   4. - L'art. 29, diciannovesimo  comma,  legge  regione  Piemonte  8
 settembre  1986  n.  128  nel  testo  sostituito  dall'art.  2  legge
 regionale 11 dicembre 1987 n. 60, assegna  un  punteggio  fisso  (sei
 punti)  a  ciascuno  dei quatro elementi di giudizio (preparazione ed
 esperienza professionale; capacita' di autonomia  di  giudizio  e  di
 assunzione    di    responsabilita';   effettiva   collaborazione   e
 partecipazione      al      raggiungimento      degli       obiettivi
 dell'amministrazione;  stima  e  prestigio  all'interno e all'esterno
 dell'amministrazione) che il  precedente  diciottesimo  comma  assume
 come   rilevanti   agli  effetti  della  valutazione  della  concreta
 attitudine di  ciascun  candidato  allo  svolgimento  delle  mansioni
 proprie  della  qualifica  superiore  da  conferire.    Nel corso del
 giudizio di primo grado da parte di taluni degli originari ricorrenti
 era  stato  denunciato  l'appiattimento  che  l'assegnazione  di   un
 punteggio  fisso  (id  est,  non  graduabile)  aveva comportato nella
 valutazione dei singoli candidati, ma  ne  era  stata  attribuita  la
 responsabilita'  alla  commissione  giudicatrice  colpevole,  a  loro
 avviso, di aver elaborato in sede di predisposizione dei  criteri  di
 massima  -  specie  per quanto attiene all'elemento della stima e del
 prestigio - una serie di ipotesi disomogenee e di diverso valore,  in
 presenza delle quali detto punteggio avrebbe dovuto essere negato.
   In  questa  direzione  si  e'  mosso  anche  il T.A.R., il quale ha
 ritenuto irragionevole che la  mancata  assegnazione  del  punteggio,
 nella  sua intierezza, potesse trovare giustificazione negli elementi
 diversissimi che l'organo collegiale aveva  individuato  come  indici
 rivelatori di un giudizio negativo, in assoluto, in ordine alla stima
 e  al  prestigio  (contestazione di addebiti, irrogazione di sanzione
 disciplinare diversa dalla censura, mandato di cattura, ordinanza  di
 rinvio  a  giudizio,  sentenza penale di condanna in primo grado o in
 appello,  ecc.).   Nell'assemblamento   di   ipotesi   obiettivamente
 disomogenee  e  di  diverso  valore  il  primo  giudice  ha  pertanto
 ravvisato una violazione della par condicio che deve essere garantita
 ai soggetti partecipanti ad un pubblico concorso e di conseguenza  ha
 annullato  tutti gli atti della procedura per illegittimita' derivata
 dalla riscontrata illegittimita' dei criteri di massima.  Il collegio
 non ritiene di poter condividere le conclusioni del  T.A.R.  giacche'
 la   denunciata   irragionevolezza  e'  da  imputarsi  non  al  modus
 procedendi seguito dalla commissione, bensi' alla norma (il cit. art.
 29, diciannovesimo comma) che essa era tenuta ad applicare.    Sembra
 infatti non conforme a canoni di logica la previsione di un punteggio
 fisso  -  da  assegnare  o  negare - in relazione a giudizi di valore
 riferiti a qualita' e, come tali, necessariamente destinati ad essere
 graduati in ragione della diversa misura in cui le  stesse  risultano
 possedute  dai  singoli  candidati.    Probabilmente  alla base della
 scelta operata dal legislatore regionale  era  la  preoccupazione  di
 limitare   al   massimo   gli   spazi   riservati   alle  valutazioni
 discrezionali dell'organo giudicante, il che potrebbe anche risultare
 comprensibile se ad essa non si accompagnasse,  contraddittoriamente,
 l'affidamento  della  funzione  valutativa  ad  un  organo collegiale
 costituito,  nella  sua  intierezza,  da  esponenti  politici.     Di
 conseguenza   il  collegio  ritiene  di  dovr  sollevare,  d'ufficio,
 questione di legittimita' costituzionale nei confronti del cit.  art.
 29,  diciannovesimo comma, legge regione Piemonte 8 settembre 1986 n.
 42, nel testo sostituito dall'art. 2 legge regionale 11 dicembre 1987
 n. 60 - nella parte in cui non consente alla commissione giudicatrice
 la possibilita' di graduare il punteggio nell'ambito del  massimo  da
 essa  stessa  fissato  -  per  contrasto  sia  con  il  principio  di
 ragionevolezza di cui all'art. 3  Cost.,  sia  con  il  principio  di
 imparzialita' di cui all'art. 97 Cost., giacche' impedisce all'organo
 giudicante  di  svolgere  la  funzione  che e' ad essa assegnata e di
 garantire la par condicio dei partecipanti a mezzo di valutazioni che
 riflettano con obiettivita' la  diversa  attitudine  degli  aspiranti
 alla massima qualifica dirigenziale.
   E'  appena  il  caso di aggiungere che la questione e' rilevante al
 fine  del  decidere  giacche'   riconoscere   alla   commissione   la
 possibilita'  di  graduare  il punteggio nell'ambito del massimo (sei
 punti) previsto dala legge significa evitare  quell'appiattimento  di
 valutazioni  e di posizioni che era stato denunciato al primo giudice
 ma che, a torto, era stato imputato al modus procedendi seguito dalla
 stessa commissione in sede di predisposizione dei criteri di massima.
   5. - Da ultimo il collegio  ritiene  di  dover  sollevare  -  anche
 questa volta d'ufficio - questione di legittimita' costituzionale nei
 confronti  dell'art.  95 t.u. 10 gennaio 1957 n. 3, per contrasto con
 gli artt.   3 e 97 Cost.   La  norma  in  questione  prevede  che  il
 pubblico  dipendente,  sospeso  in via cautelare dal servizio perche'
 sottoposto a procedimento disciplinare e per questa  ragione  escluso
 dallo  scrutinio  per  promozione ai sensi del precedente art. 91, ha
 diritto, ove detto procedimento si concluda  con  il  proscioglimento
 ovvero  con  l'irrogazione  della  sola censura, ad essere sottoposto
 allo scrutinio  dal  quale  era  stato  escluso  e,  se  riconosciuto
 maggiormente  meritevole almeno dell'ultimo promosso con lo scrutinio
 originario, ad essere promosso anche in soprannumero  con  decorrenza
 dalla stessa data delle promozioni gia' effettuate.
   Il  cit.  art.  95  subordina  quindi  l'operativita' del succitato
 meccanismo riparatore, rispondente ad intuitive ragioni di  giustizia
 sostanziale, alla contestuale ricorrenza di due precise condizioni, e
 cioe'  che il pubblico dipendente sia stato sottoposto a procedimento
 disciplinare e che, per questa ragione,  sia  stato  sospeso  in  via
 cautelare   dal  servizio.     Nulla  invece  prevede  per  l'ipotesi
 (ricorrente nella specie) in cui il pubblico dipendente, sottoposto a
 procedimento penale, sia rimasto al suo posto; ne' esiste altra norma
 che preveda un intervento riparatore a favore del pubblico dipendente
 prosciolto in sede penale da accuse  sovente  infamanti,  alle  quali
 l'amministrazione  di  appartenenza  ha  con evidenza mostrato di non
 credere, non assumento nei suoi confronti alcuna iniziativa,  neppure
 sul piano cautelare.  La giurisprudenza del giudice amministrativo e'
 ferma  nell'affermare  che  il  cit. art. 95, ancorche' dettato per i
 dipendenti civili dello Stato, codifichi un  principio  di  carattere
 generale,  come tale valido per tutti i comparti del pubblico impiego
 (Cons. Stato, IV sez., 3 maggio 1983 n. 276);  sostiene  peralto  con
 eguale  fermezza  che esso non puo' essere applicato in via analogica
 ad ipotesi diverse da  quelle  da  esso  espressamente  previste  "in
 mancanza  di  specifiche  previsioni  normative di deroga al rispetto
 delle piante organiche" (Cons. Stato, VI sez., 3 marzo 1970, n.  193;
 ID.,  comm.  spec.,  10 gennaio 1977 n. 8; ID, IV, 9 novembre 1985 n.
 509; T.A.R. Lazio, I sez., 27 agosto 1980  n.  919).    Sulle  stesse
 posizoni  e'  attestato  l'organo  di controllo, per il quale il cit.
 art. 95 "non e' suscettibile di  estensione  oltre  i  casi  da  esso
 stesso  contemplati"  (Corte conti, Sez. contr. Stato, 27 giugno 1980
 n. 1080).   Unica eccezione  in  questo  panorama  giurisprudenziale,
 caratterizzato  da  una rigida chiusura rispetto ad ogni tentativo di
 allargare l'ambito applicativo della suddetta norma oltre  i  confini
 da  essa  stessa segnati, e' costituita dalla cit. decisione della IV
 sez. del Consiglio di Stato n. 276/1983, per la quale "le disposizoni
 contenute negli artt.  93 e 95 t.u. 10 gennaio 1957 n.  3,  anche  se
 letteralmente  riferite  agli  esami  e agli scrutini per promozioni,
 costituiscono espressione di un principio generale da applicare anche
 nel  caso  del  giudizio  d'idoneita'  per  l'inquadramento  ad   una
 qualifica  superiore". Non e' invece in contestazione che presupposto
 unico e necessario per l'intervento riparatore e' che l'impiegato sia
 stato  sottoposto  a  procedimento  disciplinare  e,  per  l'effetto,
 sospeso  in  via  cautelare dal servizio.   Sembra al collegio che il
 cit. art. 95, nella parte in cui non considera l'ipotesi del pubblico
 dipendente sottoposto a procedimento penale, non sospeso dal servizio
 e successivamente prosciolto da ogni imputazione con  formula  piena,
 contrasti   innanzi   tutto  con  i  principi  di  eguaglianza  e  di
 ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., non sussistendo alcuna valida
 ragione che giustifichi, sul piano della  logica  e  della  gisutizia
 sostanziale,  il diverso trattamento previsto, a fini ripristinatori,
 per il pubblico dipendente a seconda che  sia  stato  assoggettato  a
 procedimento  disciplinare  o penale e sospeso o no dal servizio.  La
 disparita' di trattamento appare ancora  meno  comprensibile  ove  si
 consideri  che  nell'attuale sistema - quanto meno agli effetti della
 restitutio in  integrum  dal  punto  di  vista  economico  -  le  due
 situazioni  risultano  completamente  equiparate  (argomenta ex artt.
 88, 89 e 97 t.u. n. 3 del 1957).    Non  varrebbe  obiettare  che  la
 questione   cosi'   prospettata,   nonostante   la  riconosciuta  sua
 fondatezza, potrebbe  essere  dichiarata  inammissibile  dal  giudice
 delle  leggi, stante l'impossibilita' per lo stesso di sostituirsi al
 legislatore ordinario in valutazioni e scelte di esclusiva competenza
 di quest'ultimo. Sembra infatti al collegio di poter opporre  che  il
 principio  -  per il quale il pubblico dipendente, prosciolto in sede
 disciplinare o penale, non puo' continuare ad essere penalizzato  sul
 piano  della retribuzione e della carriera in conseguenza di addebiti
 a lui  mossi  ma  successivamente  rivelatisi  infondati  -  e'  gia'
 presente  nel  nostro  ordinamento  e  riflette  scelte  di  civilta'
 giuridica da tempo effettuate dal legislatore ordinario. Non sussiste
 pertanto il pericolo di invasione di competenze nel caso  in  cui  il
 giudice   remittente   prospetta  al  giudice  delle  leggi  l'omessa
 considerazione di una ipotesi nella quale la funzione ripristinatoria
 - espressamente voluta dal legislatore  ordinario  -  ha  ragione  di
 esplicarsi  con eguale valenza.  Sussiste anche contrasto fra il cit.
 art.  95  e  l'art.  97  Cost.,  giacche'  il  primo   non   consente
 all'amministrazione   un   coerente   utilizzo   del   principio   di
 imparzialita' nel governo del personale dipendente.  La questione  di
 legittimita'  costituzionale,  sollevata  d'ufficio nei confronti del
 cit. art. 95, e' rilevante al fine della decisione  da  assumere  sui
 ricorsi  proposti  dai  signori  Ferreri  e Sommariva (in questa sede
 appellanti incidentali); ad essi, ancorche' sottoposti a  valutazione
 per  i  passaggio alla qualifica superiore, non e' stato assegnato il
 punteggio (6 punti) previsto per "la  stima  e  il  prestigio  goduti
 all'interno  e all'esterno dell'amministrazione" nonche' all'epoca in
 cui la commissione giudicatrice formulava la  graduatoria  di  merito
 risultavano   sottoposti   a   procedimento  penale,  successivamente
 conclusosi con il totale proscioglimento da ogni imputazione. Ove  il
 cit.  art.    95 prevedesse per tale ipotesi un meccanismo riparatore
 sostanzialmente  analogo  a  quello  codificato   per   il   pubblico
 dipendente  prosciolto  in sede disciplinare, i ricorsi dei succitati
 Ferreri e Sommariva potrebbero essere  dichiarati  inammissibili  per
 difetto   d'interesse,   stante   l'obbligo   per   l'amministrazione
 regionale, una volta edotta dell'intervenuto proscioglimento in  sede
 penale, di rivalutarli per quanto attiene all'elemento della "stima e
 del  prestigio" e di promuoverli anche in soprannumero, sussistendone
 i presupposti.
   6.  -  In  conclusione  il  collegio  ritiene   rilevanti   e   non
 manifestamente  infondate le questioni di legittimita' costituzioanle
 degli artt.  29, nono e diciannovesimo comma, legge regione  Piemonte
 8  settembre  1986  n.  42,  nel  testo  modificato dall'art. 2 legge
 regionale 11 dicembre 1987 n. 60, e 95 t.u. 10 gennaio 1957 n. 3, per
 contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost.